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ANEDDOTO DELLA GEMMA CHE ESAUDISCE TUTTI I DESIDERI

Aggiornamento: 5 apr 2021


Un giorno, un giovane discepolo, tormentato dal dubbio, si recò dal Maestro, s’inchinò davanti a lui e gli pose questa domanda: “Venerabile Maestro, è meglio amare o essere amati?”

Il Maestro non rispose direttamente alla domanda, ma raccontò questo aneddoto:

«In un villaggio tibetano abitava una volta un certo mercante, che a causa del suo lavoro era costretto a continui spostamenti anche in città lontane e in paesi remoti. Approfittando di ciò, ogni volta che arrivava in una località nuova cercava la favolosa “Gemma che esaudisce tutti i desideri”. A tutti chiedeva notizie di questo gioiello inestimabile, il cui possesso garantisce ricchezza, salute e felicità; ma nessuno sapeva dargli le informazioni necessarie.

Erano ormai alcuni anni che continuava la sua inutile ricerca, quando in un piccolo centro dell’Himalaya il nostro mercante incontrò un vecchio, carico d’anni e dalla barba bianca: vestito di un misero abito, si sosteneva con un bastone, ma nei suoi occhi splendeva una luce arcana. Quando seppe che cosa il mercante stava cercando ansiosamente, il vecchio estrasse da una tasca il famoso gioiello e glielo offrì.

Il mercante – felicemente attonito – gli chiese se la gemma era proprio per lui e se era davvero sicuro di non volersela tenere. Al che il vecchio rispose: “Secondo te, è preferibile possedere il ‘Gioiello che esaudisce tutti i desideri’ o poterlo donare?” – e si allontanò sorridendo, senza attendere risposta.»

Detto questo, il Maestro tacque. E il discepolo – che l’aveva ascoltato attentamente – esclamò: “Ben detto, o Venerabile! ben detto!” e se ne andò, soddisfatto della risposta.

 


ANEDDOTO DI DRACULA


Un giorno, un giovane discepolo, tormentato dal dubbio, si recò dal Maestro, s’inchinò davanti a lui e gli pose questa domanda: “Venerabile Maestro, se la vera natura dei fenomeni è la vacuità di esistenza intrinseca, allora – quando vedo una persona che si dibatte nella sofferenza – è inutile che mi preoccupi, perché il suo dolore sarebbe in realtà semplice apparenza. Tutto ciò che io vedo diverso dalla vacuità è solo frutto della mia ignoranza: per cui non dovrei farvi caso. Ma allora, la compassione del bodhisattva che significato ha?”

Il Maestro non rispose direttamente alla domanda, ma raccontò questo aneddoto:

«Alcuni anni fa, il mio nipotino convinse sua madre ad accompagnarlo al cinema dove proiettavano una pellicola che i suoi amichetti dicevano bellissima. In realtà, era un film dell’orrore: il protagonista era nientemeno che Dracula e ad un certo punto nel bambino la curiosità e l’interesse cedettero il posto alla tensione e quindi ad una vera e propria paura. La conclusione fu che il piccolo scoppiò in lacrime, terrorizzato.

Ovviamente la madre sapeva che quelle scene – per quanto realistiche - erano in verità una semplice finzione scenica e che proprio perché immaginarie non dovevano esser prese sul serio; ma sapeva anche che il suo bambino non poteva conoscere quell’aspetto illusorio, per cui la sofferenza era per lui effettiva e reale, e dunque degna della massima considerazione. Ecco perché cercò allora di calmarlo col suo amore, rassicurandolo con baci e carezze.»

Detto questo, il Maestro tacque. E il discepolo – che l’aveva ascoltato attentamente – esclamò: “Ben detto, o Venerabile! ben detto!” e se ne andò, soddisfatto della risposta.



Aldo Franzoni


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