I MANDALA DI SABBIA
Quando si ha la fortuna di incontrarne uno, è impossibile non rimanere ammutoliti ed affascinati dalla bellezza di un Mandala in sabbia.
Lo stupore aumenta a dismisura quando si viene a conoscenza per la prima volta dello scopo ultimo con il quale vengono costruiti: la loro stessa distruzione.
Perfino il rituale di distruzione è un momento colmo di emozione ed intensità, un istante di connessione con il tutto, di venerazione e ricerca interiore privo di tutte le distrazioni che il mondo richiede.

Cosa sono i Mandala?
Cosa rappresentano?
Perché vengono costruiti?
Perché vengono distrutti?
Da quando mi sono avvicinato al Buddhismo Tibetano sono sempre state queste le domande che ho prima posto e poi sentito in merito a queste opere d’arte di straordinaria bellezza.
Mandala è una parola sanscrita che significa “cerchio”, utilizzata per indicare delle particolari rappresentazioni grafiche dell’universo e di Divinità.
Le prime tracce di questo termine si trovano all’interno dei Veda, i testi sacri dell’Induismo, ma nel corso del tempo tutte le religioni originate in India hanno assorbito sia la parola che la pratica del mandala.
Il suo significato ha poi subito una variazione, diventando “centro”, infatti tutte le raffigurazioni dei Mandala, specialmente quelle buddhiste, vedono al centro Il Buddha o una particolare divinità e attorno ad essa la rappresentazione di una dimora sacra dove Essa vive, circondata da altre figure spirituali.
Inoltre, la realizzazione dei Mandala parte sempre dal centro.
Una particolarità dei mandala sta nel fatto che lo psichiatra Karl Gustav Jung scoprì che esso è un’archetipo presente in tutte le religioni del mondo ed in tutte le società e culture della storia dell’umanità.
Ne esistono di diverso tipo, dipinti su tela e su muri ad esempio, oppure di sabbia come nella tradizione tibetana.
In particolare questi ultimi sono destinati ad essere distrutti immediatamente dopo essere stati terminati, mentre quelli dipinti sulle diverse superfici rimangono nel tempo.
Possono avere una forma rotonda, quadrata o rettangolare, sono molto colorati ed utilizzano spesso i colori primari, legati ai 5 elementi a rappresentare la forza e la natura di Buddha presente in ogni essere senziente.
I mandala in sabbia vengono realizzati da uno o più monaci contemporaneamente, ma c’è sempre un monaco supervisore che dirige il lavoro per tutti e la realizzazione è suddivisa in 5 fasi:
Preparazione: viene scelto e purificato il luogo in cui esso verrà costruito.
Creazione della base: vengono realizzati dei disegni su di una base in legno che vengono utilizzati poi come linee guida nella fase successiva.
Dipinto: utilizzando sabbia di diversi colori ed appositi strumenti cilindrici chiamati Chak-Pur, i monaci cospargono di sabbia le diverse aree della base e realizzano poi immagini e simboli vari al loro interno.
Enfatizzazione delle aree: generalmente questo viene fatto contestualmente al punto precedente, ovvero nelle aree di passaggio fra una zona e l’altra viene ripetuto il passaggio di sabbia creando una sorta di piccolo cumulo lungo tutta la forma; questo dona tridimensionalità al Mandala.
La distruzione: attraverso un particolare rito, il mandala viene distrutto dal monaco supervisore (generalmente un Geshe) il quale dopo aver recitato alcune preghiere, pizzica della sabbia dai quattro punti cardinali, poi con l’ausilio di uno strumento sacro come un Vajra, traccia una linea orizzontale, una verticale e due diagonali sul Mandala. Il o i monaci che hanno lavorato per la realizzazione, partendo dall’esterno iniziano a spazzolare la sabbia verso l’interno fino a quando l’immagine diventa un semplice cumulo di sabbia multicolore.
Questa sabbia benedetta viene poi distribuita ai fedeli presenti e/o dispersa in fonti d’acqua (fiumi, ecc) così che le benedizioni possano toccare tutti gli esseri senzienti in tutto il mondo.
Durante tutta la realizzazione del disegno, i monaci pregano interiormente, staccandosi dalle faccende del mondo ed entrando direttamente in contatto con la Divinità centrale del Mandala, infatti si dice che tutto il disegno venga dalla sua ispirazione e non dalla mente del monaco.
Infine, la distruzione del mandala richiama l’impermanenza, la caducità di tutte le cose; nulla rimane, per quanto meravigliosa o terribile sia, ogni cosa termina, finisce, diventa altro.
La distruzione è un fortissimo richiamo alle nostre stesse esistenze, poiché nasciamo, compiamo opere ed infine moriamo; di noi, non resta altro che il ricordo nella mente di chi ci ha incontrato.
Anche noi siamo dei Mandala dopotutto e come questi abbiamo il potere di lasciare tracce nel continuum mentale altrui, se buone e splendenti come quelle dei mandala in sabbia o meno, sta a noi, a come scegliamo di vivere le nostre vite e di relazionarci con gli altri.