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Paolo Cavagnini

Tsunami e gocce d'acqua

Aggiornamento: 6 giu 2022




Il Capitolo 6 del Testo Sacro Guida allo stile di vita del Bodhisattva o Bodhisattvacharyavatara tratta ampiamente un punto di estrema importanza della pratica Buddhista: La Pazienza.



L’autore – il Grande Pandit indiano Shantideva esplora tale virtù fornendo innumerevoli spunti di riflessione, identificando inizialmente nella rabbia e negli altri stati mentali negativi la causa degli ostacoli e dei problemi incontrati da ogni individuo nel corso della propria esistenza.

Dopo aver argomentato efficacemente sia in merito a come riconoscere i momenti in cui la rabbia stessa potrebbe insorgere, manifestarsi, sia a quali circostanze la potrebbero alimentare, l’autore analizza la legge di Causa ed Effetto applicata alle motivazioni sottese alle azioni di coloro che creano un danno ad altri.

Il Maestro trae quindi la conclusione che, poiché tutto sorge da cause e condizioni, non esiste realmente qualcuno – o qualcosa – con il quale valga davvero la pena arrabbiarsi.


In seguito, l’argomentazione verte su di uno straordinario cambio di visione in merito a coloro che creano il danno, denominati dall’Autore “nemici”.

Il Grande Maestro afferma infatti che dopo aver meditato a fondo sulla pazienza e aver stabilito nella nostra mente le sue cause, possiamo metterla concretamente in pratica solo grazie alla presenza dei nemici suddetti, i quali vengono persino paragonati – seppur esclusivamente da questo punto di vista – ai Buddha. Invero, così come la presenza dei Buddha ci consente di studiare il Dharma, i nemici ci offrono la possibilità di metterlo in pratica.


Il Testo chiude sciogliendo un altro nodo fondamentale: poiché i Buddha hanno come unico scopo il beneficio di tutti gli esseri senzienti, la nostra reazione negativa nei confronti dei nemici risulta essere una vera e propria mancanza di rispetto verso i Tathagata medesimi.

Il Maestro intende in tal modo motivare se stesso e tutti coloro che affronteranno il Testo a non commettere più alcuna azione suscettibile di provocare un danno, arrivando perfino ad accettare su di sé o per sé il danno stesso, pur di non nuocere ad altri.


Ovviamente il Testo di cui trattasi è stato scritto da un Essere Illuminato, come tale in grado di sopportare ogni dolore; sorge quindi spontaneo chiedersi non solo come dovrebbe comportarsi all’insorgere della rabbia un principiante avviatosi da poco lungo il Sentiero, visto che il percorso per eliminare gli stati mentali negativi è ancora lungo, ma anche che cosa significhi accettare il danno.


Nel linguaggio comune, il termine “nemico” ha una connotazione estremamente forte e negativa, tant’è che viene generalmente associato a persone che compiono atti più o meno gravi di odio e malvagità nei nostri confronti.

Quest’enfasi negativa sul termine potrebbe tuttavia trarci in inganno, ove non esaminata alla luce di un’adeguata analisi in chiave buddhista; se ci soffermassimo a cercare nelle nostre vite nemici nell’accezione predetta del termine, a conti fatti non potremmo trovare molte persone rispondenti a tale connotazione.

Almeno nella parte di mondo in cui viviamo, non capita ogni giorno di incontrare qualcuno disposto a farci del male, a privarci di qualcosa di importante e così via.

Per affrontare queste circostanze – che purtroppo comunque accadono – dovremmo avere sviluppato nella nostra mente un grande livello di pazienza, ma qui sorge un piccolo intoppo.


Verso la fine del Testo, Shantideva mostra infatti quanto siano importanti i nemici per poter praticare e sviluppare la pazienza, ma poiché visti in senso letterale i nemici sono davvero pochi, come potremmo praticare questa Virtù, madre di ogni beneficio?

Come potremmo giungere a un momento di grande difficoltà con una mente pronta a gestirla, appunto, con la pazienza attiva insegnataci dal Maestro?


Come poc’anzi detto, il nemico è qualcuno o qualcosa che crea un grave danno, ma in definitiva chi crea il danno stesso?

Generalmente tendiamo a identificare la causa del nostro problema con la persona o la circostanza avversa – ossia il nemico –, ma Shantideva ci ha mostrato come ciò non sia in realtà null’altro che la manifestazione di un karma negativo accumulato in precedenza.

Il vero nemico è ciò che produce il danno, e ciò che produce danno è la rabbia stessa, come Egli ha ben spiegato fin dall’inizio del Capitolo.


Ragionare sempre in termini di causa ed effetto: questa è la chiave per comprendere gli Insegnamenti di Buddha.


Perciò una condizione avversa non è la causa della nostra sofferenza, bensì l’effetto di azioni (cause) che l’hanno prodotta e sono sorte proprio da quegli stati mentali che la pazienza aiuta invece ad eliminare e sciogliere… Ecco quindi chi è il vero nemico!


Comprendere correttamente tali aspetti rende allora molto più semplice per tutti riuscire a praticare la pazienza perché, a differenza di quanto accade con uno Tsunami, possiamo facilmente imbatterci quotidianamente in qualche sgradevole goccia d’acqua – come gli schizzi sul viso o gli sprazzi di pioggia estivi che altro non fanno se non creare ulteriore afa e calura.

Ogni giorno incontriamo piccoli fastidi: sono proprio i momenti in cui possiamo mettere in pratica la pazienza, accettando ad esempio che qualcuno si lamenti di noi e cercando una soluzione propositiva anziché risentirci, oppure tollerando che la cassiera del supermercato sia particolarmente lenta, o che il compagno si lamenti con noi per quanto accadutogli durante la giornata, o ancora lasciare il parcheggio a qualcun altro anche se siamo arrivati prima.


A ben vedere, da queste piccole gocce d’acqua può sorgere il vero problema, il nemico che ci induce ad esagerare, ad ingigantire parole e situazioni, accumulando tensioni sempre maggiori, inevitabilmente destinate a manifestarsi infine sotto forma di uno tsunami interiore.

Tale tensione sarà con noi quotidianamente, sempre all’erta, pronta ad esplodere, diventerà il filtro entro il quale si muoverà la nostra ragione; anziché vivere nel rispetto altrui ed evitare di voler cambiare ciò che di fatto non possiamo cambiare, finiamo con l’esasperare qualunque cosa, condannandoci conseguentemente a vivere male, a peggiorare i nostri rapporti e ad accumulare vaste onde di karma negativo.


Insomma, da questo punto di vista le circostanze che potrebbero indurre in noi piccole noie sono infinite e sono proprio il mezzo che conduce a praticare l’accettazione di ciò che di primo acchito sembrerebbe essere un danno ma che, in fin dei conti, è tale solo nella nostra mente.


Dharma Teacher Paolo




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